Lo spettro di una nuova crisi politica aleggia sull’Unione Europea

Giulio

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Ancora una volta l’Unione Europea è ostaggio del veto di due soli paesi. Ungheria e Polonia, infatti, hanno rifiutato di dare il via libera al Quadro Finanziario Pluriennale dell’UE, a causa della decisione di vincolare l’erogazione di fondi strutturali al rispetto dello stato di diritto. Il lato positivo è che il blocco di Visegrad si è spaccato, vista la posizione favorevole di Repubblica Ceca e Slovacchia, quello negativo, e decisamente più rilevante, è che all’approvazione del QFP è legata quella del Recovery Fund, che resta così in stallo. È sempre più evidente la necessità di riformare i trattati, per permettere al Consiglio Europeo di deliberare a maggioranza qualificata e non più all’unanimità.

L’Unione Europea rischia così di rimpiombare in crisi dopo che, in estate, Merkel aveva inaugurato il semestre tedesco di presidenza con una prova forza e di unità. In questo contesto, la provocazione di David Sassoli, Presidente del Parlamento europeo appartenente al PD, di cancellare i debiti contratti a causa della pandemia, rischia di essere un problema. I paesi del nord Europa potrebbero riaprire le ostilità, se dal governo italiano arrivassero segnali di scarsa credibilità e responsabilità come questo.

Inoltre, mancano meno di due mesi alla scadenza per presentare l’impalcatura del Recovery Plan e dall’esecutivo non sono stati comunicati progetti di nessun tipo. Macron ha presentato un piano dettagliato a inizio settembre, invece Conte si limita a fare promesse mentre la sua maggioranza si sgretola. Avere un governo disunito, in cui l’impreparazione è l’unica costante, in un momento così importante della nostra storia è un danno per tutti i cittadini.

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